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La sfida delle start-up agtech

Un’enorme sfida attende l’agtech. Lo leggiamo nel recente rapporto McKinsey Agricoltura[1], in cui viene analizzato il dilemma del settore della tecnologia agricola, che, nonostante ottime premesse, ancora fatica a essere impiegata in maniera diffusa.

L’attuale situazione macroeconomica, la crescente attenzione dei consumatori verso la sostenibilità ambientale e il cambiamento dei modelli di business potrebbero essere le condizioni ideali perché prodotti agtech vengano adottati in maniera massiccia: prima, però, è necessario affrontare le reticenze degli agricoltori. Le start-up agtech infatti fanno fatica a costruire la base di clienti necessaria a ottenere i finanziamenti, che spesso si fermano solo ai primissimi step dei vari progetti. Dal sondaggio McKinsey emergono alcuni ostacoli, diversi in base alle latitudini interessate: tra questi i costi, la scarsa fiducia verso i processi di acquisto digitale e il trattamento online dei dati, il ROI (il profitto derivante dall’investimento) poco chiaro.

La situazione attuale di inflazione sta aumentando le sfide degli agricoltori, che non possono trascurare diversi elementi come le previsioni meteo, i cambiamenti nella normativa, la domanda dei consumatori, l’aumento dei costi e le catene di approvvigionamento. D’altro canto però nell’ultimo decennio, c’è stata un’elevata, ma lenta, apertura verso l’innovazione in campo agricolo. Molto capitale esterno si è riversato sull’industria legata all’agricoltura e sulla tecnologia alimentare e di conseguenza è cresciuto il numero di soluzioni tecnologiche per l’agricoltura e con loro le start-up agtech rivolte agli agricoltori. Sei sono i sottomercati dedicati: software di gestione delle aziende agricole; tecnologie legate alla sostenibilità; hardware per l’agricoltura di precisione; tecnologie di telerilevamento; mercati agroalimentari.

Nonostante l’adozione di tecnologia agricola sia lenta, gli agricoltori sono comunque aperti all’innovazione. In più, ci sono alcune tendenze che non vanno sottovalutate: in primis, la necessità di passare a sistemi alimentari più sostenibili, con meno spreco di risorse; i modelli di business in continua evoluzione verso soluzioni integrate; l’affermarsi di una regolamentazione più precisa, che avrà un ruolo sempre più importante nell’agtech.

A tal proposito, McKinsey fa quattro proposte per superare l’ostacolo attuale e sfruttare le grandi potenzialità del settore:

  • Personalizzare prodotti e modelli di business: concentrandosi sull’unicità di ciascun agricoltore, gli innovatori possono proporre soluzioni più mirate e personalizzate.
  • Semplificare il percorso del cliente: le aziende Agtech dovrebbero cercare soluzioni per migliorare l’esperienza del cliente. Dai test sui prodotti alle operazioni di assistenza, l’esperienza utente dovrebbe essere più semplice e intuitiva.
  • Rinnovare la fiducia nell’archiviazione e nella condivisione dei dati: proprio perché questo viene considerato un punto debole, le start-up agtech dovrebbero creare fiducia affinando la loro strategia dei dati, semplificando la raccolta e servendosi solo delle informazioni essenziali per fornire prodotti e soluzioni migliori a agricoltori.
  • Integrare soluzioni: gli innovatori agtech possono raccogliere informazioni da diverse fonti (sensori sul campo, satelliti, attrezzature agricole) e presentare la loro tecnologia non come una sostituzione, ma come un’integrazione all’ampia gamma di soluzioni già utilizzate dagli agricoltori.

La tecnologia agricola ha l’opportunità di svolgere un ruolo centrale, ma solo comprendendo le difficoltà attuali e proponendo soluzioni utili a superare quegli ostacoli. Se eseguita correttamente, ampliare l’utilizzo di agtech può portare a una crescita più inclusiva e sostenibile per gli agricoltori e avvantaggiare i consumatori e gli investitori consapevoli al di fuori della fattoria.

[1] https://www.mckinsey.com/industries/agriculture/our-insights/agtech-breaking-down-the-farmer-adoption-dilemma