
Startup miliardarie fallite in silenzio
Nel mondo delle startup, il successo viene spesso raccontato come un’equazione lineare: un’idea brillante, finanziamenti generosi, un team ambizioso e la strada è spianata verso la “next big thing”. Eppure, la realtà è molto più spietata. Anche con valutazioni da miliardi di dollari, appoggi istituzionali e visibilità globale, molte startup finiscono per fallire — e lo fanno senza troppo clamore.
Questi fallimenti, spesso ignorati dal grande pubblico, sono preziosi da studiare perché ci ricordano che la tecnologia non è solo innovazione, ma anche sostenibilità, timing e concretezza. Analizziamo alcune delle storie più emblematiche di startup miliardarie che, nonostante tutto, si sono spente nell’ombra.
Quibi: troppa ambizione per uno schermo troppo piccolo
Nel 2020, Quibi si presentò al mondo come la rivoluzione del video mobile. Fondata da Jeffrey Katzenberg e guidata da Meg Whitman, ex CEO di eBay e HP, la startup raccolse quasi 2 miliardi di dollari in investimenti prima ancora di lanciare il servizio. Il concept era audace: creare contenuti premium, pensati esclusivamente per smartphone, con episodi brevi e orientamento verticale.
Il problema non fu la tecnologia, ma la mancanza di bisogno reale. Il pubblico non era pronto a pagare un abbonamento per contenuti che poteva trovare gratuitamente su YouTube o TikTok. Inoltre, Quibi fu lanciata in piena pandemia, proprio mentre le persone tornavano a guardare contenuti su schermi più grandi. Dopo soli sei mesi dal lancio, l’app venne chiusa. La lezione fu chiara: la qualità non basta se non c’è un contesto d’uso concreto.
Theranos: la tecnologia che non esisteva
Il caso di Theranos è tra i più eclatanti e controversi della Silicon Valley. Fondata da Elizabeth Holmes, la startup prometteva di rivoluzionare la diagnostica medica con un dispositivo in grado di eseguire centinaia di test clinici con una singola goccia di sangue. La visione era potente, i partner autorevoli e gli investimenti superavano il miliardo di dollari.
Il problema? La tecnologia non funzionava. Per anni, Theranos simulò risultati, eluse i controlli e costruì un’immagine pubblica fatta di promesse e storytelling. Quando il castello crollò, furono coinvolti ospedali, investitori, media e persino istituzioni federali. Il fallimento di Theranos ha avuto ripercussioni profonde sulla credibilità del settore health-tech, dimostrando quanto sia pericoloso investire sulla base della narrativa anziché dell’evidenza tecnica.
Better Place: la startup che voleva elettrificare il mondo (troppo in fretta)
Better Place, fondata da Shai Agassi, partiva da un’idea visionaria: creare un’infrastruttura globale per la ricarica e il cambio rapido delle batterie delle auto elettriche. Il piano prevedeva stazioni automatiche in grado di sostituire in pochi minuti le batterie scariche con quelle cariche, risolvendo così uno dei limiti principali dei veicoli elettrici.
Con quasi un miliardo di dollari raccolti e il supporto di governi e partner industriali, Better Place sembrava destinata a cambiare il settore. Ma la rete era troppo costosa da costruire e il mercato non era pronto. Le auto compatibili erano poche, i consumatori scettici, e l’evoluzione delle batterie rese il modello obsoleto prima ancora di essere scalabile. Nel 2013, l’azienda dichiarò bancarotta. È stata una delle prime a dimostrare che anche la sostenibilità ha bisogno di una roadmap realistica.
Jawbone: il gigante dimenticato del wearable
Nel boom dei dispositivi indossabili, Jawbone fu uno dei protagonisti più promettenti. Partita con gli speaker Bluetooth, si lanciò poi nel mercato dei fitness tracker con il braccialetto UP, riuscendo a raccogliere oltre 900 milioni di dollari e raggiungendo una valutazione di 3 miliardi.
Tuttavia, la competizione con Fitbit e l’ingresso aggressivo di Apple nel settore resero insostenibile la posizione di Jawbone. Problemi di affidabilità nei dispositivi, cambi di direzione nel prodotto e un modello di business troppo chiuso furono i segnali di crisi. Nel 2017, l’azienda chiuse ufficialmente. Solo pochi ricordano che Jawbone è stata una delle prime aziende a tentare seriamente l’integrazione tra dati biometrici e intelligenza artificiale per il monitoraggio della salute.
Il fallimento di queste startup non è sempre legato a incompetenza o frode. Spesso si tratta di cattivo tempismo, visioni troppo premature, o incapacità di adattarsi alla realtà dei mercati. Alcune idee erano valide, ma troppo in anticipo. Altre, come nel caso di Theranos, erano semplicemente ingannevoli. Ma tutte queste storie hanno lasciato qualcosa: lezioni, warning, nuovi standard, o tecnologie che altri avrebbero portato avanti con maggiore maturità.
Nel mondo dell’innovazione, il fallimento è parte del processo. Ed è proprio lì, nel silenzio delle startup scomparse, che si trovano spesso le chiavi per comprendere il futuro con maggiore lucidità.