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tecnologie fallimentari

Tecnologie promesse e mai arrivate

Ogni epoca ha le sue profezie. Gli anni ‘50 immaginavano automobili volanti. Gli anni ‘80 giuravano che avremmo vissuto nel cyberspazio. I primi anni 2000 promettevano robot domestici pronti a fare il bucato e stampanti 3D che avrebbero rivoluzionato le nostre cucine. Eppure, molte di queste promesse sono svanite. Oggi viviamo circondati da tecnologie straordinarie, è vero, ma anche da una lunga scia di idee brillanti che non hanno mai preso davvero il volo.

Quali sono state le tecnologie più discusse e attese, ma alla fine dimenticate? E quali sono state le cause dei fallimenti?

 

Il frigorifero Internet-connected

Negli anni ‘90 e primi 2000, il concetto di “Internet of Things” sembrava destinato a rivoluzionare ogni elettrodomestico. Tra i primi candidati a entrare nell’era digitale c’era lui: il frigorifero connesso a Internet. Avrebbe dovuto controllare le scorte di cibo, suggerire ricette, ordinare la spesa online e magari persino twittare il nostro stato d’animo basandosi sulla presenza (o assenza) di gelato nel freezer.

La realtà? Troppo costoso, troppo complesso, ma soprattutto nessuno ne sentiva davvero il bisogno. L’idea fu accantonata, sebbene sia riaffiorata a intermittenza, come uno spettro tecnologico in cerca di scopo. Ancora oggi, alcuni modelli esistono, ma il sogno del frigorifero “intelligente” resta perlopiù un aneddoto da showroom.

Google Glass

Nel 2012, Google presentò i Glass come una vera e propria rivoluzione. Indossare la tecnologia sul volto era il futuro: niente più telefoni in mano, ma notifiche, indicazioni e fotografie direttamente sulla lente. Sembrava l’inizio della realtà aumentata per tutti.

Ma il progetto si schiantò su una realtà più dura del previsto. Il design invasivo, i dubbi sulla privacy e l’effetto “cyborg da centro commerciale” crearono un clima di diffidenza. Inoltre, il prezzo proibitivo e la mancanza di reali applicazioni convincenti resero l’oggetto più una curiosità che una rivoluzione. Oggi i Google Glass vivono solo in contesti industriali, ben lontani dalle nostre tasche e dalle nostre vite quotidiane.

Segway

Quando fu presentato, nel 2001, il Segway fu definito “più importante di Internet” da alcuni visionari. Questo scooter elettrico autobilanciato doveva cambiare la mobilità urbana, rendere inutili le automobili nei centri storici e portarci in una nuova era di trasporti sostenibili e intelligenti.

Eppure, le città non erano pronte. Le leggi sul traffico non lo contemplavano, il costo era elevato, e i pedoni lo consideravano un intruso. Nonostante un certo successo in ambiti turistici o aziendali, il grande pubblico lo ignorò. Nel 2020, la produzione è stata interrotta. Il Segway non ha cambiato il mondo, ma ha aperto la strada a nuove forme di micromobilità, come i monopattini elettrici.

Le stampanti 3D nelle case

Per un periodo, sembrava che ogni casa sarebbe stata dotata di una stampante 3D. Ci avrebbero permesso di creare tutto, dalle tazze ai giocattoli, dai pezzi di ricambio agli strumenti musicali. Il concetto era entusiasmante: produzione decentralizzata, design personalizzato, creatività senza limiti.

Tuttavia, la realtà tecnica si è dimostrata più complessa. Le stampanti 3D domestiche sono lente, rumorose e richiedono una certa competenza per essere usate bene. I materiali sono limitati, i risultati spesso deludenti, e la manutenzione non è alla portata di tutti. La stampa 3D ha trovato il suo spazio — nell’industria, nel medicale, nei maker — ma non nelle cucine di ogni famiglia, come era stato immaginato.

Il computer per bambini da 100 dollari

Un altro progetto che ha acceso gli entusiasmi è stato il laptop XO dell’iniziativa “One Laptop Per Child”, lanciato nei primi anni 2000. Il piano era semplice: fornire a ogni bambino del mondo un computer robusto, economico e didattico per combattere l’analfabetismo digitale e favorire l’accesso alla conoscenza.

Nonostante le buone intenzioni e il design innovativo, il progetto ha faticato a mantenere le promesse. Problemi logistici, mancanza di infrastrutture, difficoltà di aggiornamento e scarso supporto locale ne hanno rallentato la diffusione. Oggi, l’XO è diventato un oggetto da museo, simbolo di una visione nobile, ma forse troppo ottimista.

 

Tuttavia, come insegna la Silicon Valley, il fallimento è un momento di crescita: dietro ogni tecnologia fallita si nasconde una lezione preziosa. Alcune idee erano troppo avanti per il loro tempo, altre semplicemente fuori sincrono con i bisogni reali delle persone. Molte hanno ispirato soluzioni successive, più mature, più pronte.

Perché il futuro non si costruisce solo con ciò che funziona, ma anche con ciò che — almeno per ora — non ha funzionato.